Penso che neppure Pinocchio stesso sappia quello che desidera: vorrebbe andare a scuola poi invece si ritrova a voler visitare un circo, poi l’abecedario è l’oggetto dei desideri, poi le monete. E poi e poi e poi…
È proprio come quello che Dante scrive nel Convivio:
“Onde vedemo li parvuli desiderare massimamente un pomo; e poi, più procedendo, desiderare uno augellino; e poi, più oltre, desiderare bel vestimento; e poi lo cavallo; e poi una donna; e poi ricchezza non grande, e poi grande, e poi più. E questo incontra perché in nulla di queste cose truova quella che va cercando, e credela trovare più oltre […] ”. (Convivio IV, XII, 14)
Il desiderio più vero di Pinocchio non lo si vede all’inizio, ma alla fine del suo percorso: cioè quando decide di assumersi tutte le proprie responsabilità e restituire, almeno in parte, tutta la cura di cui è stato destinatario indolente.
È molto che è incominciata la commedia? – Comincia ora. – E quanto si spende per entrare? – Quattro soldi. Pinocchio, che aveva addosso la febbre della curiosità, perse ogni ritegno e disse, senza vergognarsi, al ragazzetto col quale parlava: – Mi daresti quattro soldi fino a domani? […] Alla fine disse: – Vuoi darmi quattro soldi di quest’Abbecedario nuovo? […] – Per quattro soldi l’Abbecedario lo prendo io – gridò un rivenditore di panni usati, che s’era trovato presente alla conversazione. E il libro fu venduto lì su due piedi.
“Il legno in cui è tagliato Pinocchio è l’umanità”, così scriveva Benedetto Croce. Ciascuno di noi deve imparare non solo a convivere, ma a lottare con i propri desideri intermittenti.
Il desiderio più bello di Pinocchio si chiama dunque “rimorso”:
è quella molla che trasforma un burattino bizzoso in un bravo bambino. “Distingui bene tra colpa e rimorso. I sensi di colpa che hai, perché non sei quello che vorresti o dovresti essere, sono bloccanti e mortiferi. Tacitali, se puoi, o fatti aiutare, se necessario. Se non riesci a peccare, va’ dallo psicologo e curati; se hai peccato, va’ dal prete e riconciliati.
Il rimorso, invece, che hai per il male fatto, ti distingue dall’animale. Non tacitarlo, ma ascoltalo. È stimolante e salutifero: è tristezza che viene da Dio e porta alla vita, a differenza della depressione che il nemico tenta di inocularti per richiuderti nel tuo bozzolo di morte (cfr. 2 Cor 7,8-10!)”
(S. Fausti, Occasione o tentazione? Arte di discernere e decidere, Ancora)
Don Stefano
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