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Giovedì Santo: Noi, Giona, Giuda e Pietro e le memorie del loro e nostro sottosuolo 

Nel tempo di Quaresima abbiamo cercato di imparare a SOSTARE davanti a Gesù. Proprio perché non vorremmo lasciarci sfuggire la luce di questo tempo, pubblichiamo le omelie del triduo nelle quali il nostro parroco, don Stefano, si è lasciato ispirare da Dostoevskij. Portiamole con noi. E cerchiamo il nostro tempo per incontrare Gesù.

Che cos’è il sottosuolo

L’Autore nelle “Memorie dal sottosuolo” decide di scendere dal suo appartamento al primo piano, ben illuminato e decoroso, per esplorare il sottosuolo, lo scantinato di casa sua, che alla fine preferirà.

Il protagonista fugge dall’appartamento borghese che cerca di riscrivere i valori e le priorità della vita.

Esplorando il sottosuolo, scopre quello che avremmo voluto lasciare nello scantinato come vecchio e desueto, invece è tremendamente vitale, attuale e necessario.

Ma di quale “sottosuolo” stiamo parlando e soprattutto chi ne è il padrone?

Dostoevskij scrive nel romanzo: “E del resto: di che cosa può parlare una persona per bene con il massimo piacere?

Risposta: di sé stessa. E allora parlerò di me.” Ed in un altro passo: “Io non solo non ho saputo diventare cattivo, ma non ho saputo diventare niente: né cattivo né buono, né furfante né onesto, né eroe né insetto.

E ora vivo nella mia tana facendomi beffe di me stesso, con la maligna e vana consolazione che d’altronde un uomo intelligente non può diventare sul serio «qualcosa», solo uno stupido diventa qualcosa.”

Quali sono i sottosuoli di Giona Giuda e Pietro?

Il sottosuolo di Giona:

Quando non c’è più la terra sotto i piedi, smette di guardare se stesso e cerca il volto amico: “Quando in me sentivo venir meno la vita, ho ricordato il Signore”.

Il sottosuolo di Pietro:

non può negare la stessa appartenenza geografica, linguistica e il rapporto costitutivo con il Maestro: “Il tuo accento ti tradisce!”.

Il sottosuolo di Giuda:

Gesù offre a Giuda il boccone migliore nella cena raccontata nella passione secondo Giovanni: Giuda è il protagonista e l’ospite atteso da Gesù. Ma Giuda non se l’aspettava proprio. Quindi dov’è finito Giuda dopo il “Tu lo dici!” e dopo il “Salve Rabbì”?

In questo Giovedì Santo, vedendo Giuda, Pietro e Giona, che cosa possiamo “dire di”, “vedere da” e “scoprire nel” nostro sottosuolo?

Ancora Dostoevskij ci aiuta: “Se fossimo tutti sinceri (soprattutto con noi stessi) saremmo più malvagi o più buoni?

La vita che conduciamo è reale o è soltanto convenzionale? Quando mai la civiltà (o la fede) ci ha reso più umani?”.

E ancora io mi spingerei più in basso: “In effetti, ora pongo a me stesso una domanda oziosa: che cos’è meglio?

Una felicità a buon mercato, oppure un’estrema sofferenza?  Allora, cosa è meglio?”

Oggi alla Mensa con Cristo vorremmo recuperare la nostra coscienza. Che cosa intendo per recuperare la nostra coscienza? Avere il coraggio di scendere nel nostro scantinato cioè decidere di abbandonare le cose superflue e -ancora peggio- dannose che hanno riempito e soffocato la nostra anima.

Il desiderio di essere visti in sincerità e profondità per quello che siamo, senza per forza la fatica e il peso di dover raccontare tutto, ma semplicemente diventare trasparenti per poter essere attraversati dallo sguardo benevolo dell’Altro. Ma per poter far questo occorre lasciarci invitare alla cena di Cristo e permettergli di porgere a noi il boccone migliore: accettare di essere in debito senza la fretta di contraccambiare per sentirci sostanzialmente “a posto”.

Ora ci lasciamo provocare da una frase celeberrima di un altro libro di Dostoevskij, L’idiota: “Quale bellezza salverà il mondo?”.

Ma di questo ne parleremo domani…

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